Lo scorso tre settembre apriva a Torino il primo bordello di bambole al silicone sul suolo italiano.
Centinaia di relitti umani si erano già prenotati, alla cifra di euro Cento, per passare almeno una mezzora in compagnia di una delle bambole. "E' il business del futuro", afferma qualche entusiasta. E' possibile. Peccato che dopo nove giorni dall'apertura del nostro avveniristico ritrovo le autorità hanno chiuso baracca e burattini per attività illecita di affittacamere, hanno multato la maitresse e portato le bamboline in caserma, probabilmente per verificarne le generalità.
Il nostro pensiero non va alla tenutaria del bordello, ne tanto meno all'esercito di relitti umani, in coda da qui a dicembre per godere della compagnia delle belle triforate. Del resto facciamo sempre più fatica a provare pietà per il genere umano in generale, potete immaginare quanto ci importi del destino di un migliaio di puttanieri privati della zuppa calda.
Il nostro cuore è vicino al cuore gommoso delle bamboline. Povere bambole! Trasferite di forza su una camionetta di gendarmi verso chissà quale buio, polveroso seminterrato. Figurine di donne silenziose e placide, strappate ad un destino difficile, ma pur sempre onesto, di sex workers per imboccare chissà quale strada.
Il futuro delle nostre fanciulle appare ora quello degli erranti, dei vagabondi, dei senza patria e senza famiglia. Ogni certezza è svanita, ogni passo diviene incerto, ogni parola esce tremolante. Ma abbiamo ascoltato l'anima piangente delle bambole, e vi abbiamo trovato un suono, un lamento degno di compassione, che merita di essere ascoltato.