giovedì 6 dicembre 2012

" D.B. un sempre cominciamento" galerie hus - 4 octobre 2012







Video dalla Performance del 4/10/2012 alla Galerie Hus, Paris.

UN SEMPRE COMINCIAMENTO

Domenico Brancale (voce)
con Raffaele Amenta (incudine e clarinetto)
e Aurelio Donato Giordano (incudine)
Scenografia e pitture di Hervé Bordas


martedì 13 novembre 2012

Konzert im Haus des Gastes





24/11/12

Konzert im Haus des Gastes, 

Wilhelmsplatz 3 in 57334 Bad Laasphe

Telefon: +49 (0)2752 / 89 8 Telefax: +49 (0)2752 / 77 89

E-Mail: info@tourismus-badlaasphe.de

Eine Reise durch die großartige Welt jüdischer Musik



Jasmine Steck und Ronald Flug - Vokal
Alexander Gutman - Piano
Raffaele Amenta - Klarinette




giovedì 18 ottobre 2012

Citta' del Dolore




In tre parti la riproduzione semi-integrale del 'Cineconcerto Citta' del Dolore', tenutosi alla Cineteca di Bologna il 5 maggio 2012. Un flusso ininterotto di musica improvvisata costruita su composizioni originali, e repertori tradizionali, in fondamentale interazione con il montaggio visivo a cura di 'Baco Productions', su immagini di Nicolas Winding Refn, Amir Naderi, Godfrey Reggio, Fabio Badolato e Jonny Costantino.

Suona Au bout de la nuit: Raffaele Amenta (clarinetto) / David Sarnelli (fisarmonica).













giovedì 11 ottobre 2012

Improvvisazione sopra l'enigma del più grande clarinettista del mondo, sopra le colate di sangue che la rozzezza provoca, sopra il più bel film sul jazz che si sia mai osato fare



articolo pubblicato in Rifrazioni n.8, gennaio 2012, sul film di Franco Maresco dedicato alla vita e all'arte di Tony Scott.


      Il mio primo incontro con Tony Scott avvenne, credo, nel 2004 attraverso l'ascolto di uno dei suoi ultimi lavori discografici: Homage to Billie Holiday. Il suono di Scott era qualcosa di unico, era potente e pacato al contempo, era straziante, caldo e umano, si percepiva dentro ogni sua nota quanto l'omaggio alla grande cantante fosse sentitissimo, realmente viscerale e intimo - qualcosa di molto lontano in tempi dove i vari Homage to... a qualche grande musicista del passato sono divenuti così inflazionati da costituire quasi il filone predominante del jazz contemporaneo (filone ambiguo, spesso in bilico fra l'accattonaggio e il parassitismo) . Ma quello di Scott è altra cosa: è viva partecipazione
dell'anima sofferente dell'amica Billie, preghiera personale, estatico dono al mondo.
      Quell'incontro cambiò il mio modo di suonare, contribuì a farmi sviluppare un approccio alla musica più aperto e naturale, rafforzò in me l'idea che suonare come semplicemente desidero è giusto e saggio. Una scuola è solo una scuola, un linguaggio è solo un linguaggio, una tradizione è solo una tradizione, gli altari si costruiscono e si distruggono. L'universo è troppo vasto, l'ascolto del suo alito non ci consente di identificarci in un pensiero, in un sistema o in una serie di fatti.

     Dice bene Enrico Rava di Tony Scott, nel bellissimo film di Franco Maresco Io sono Tony Scott, ovvero come l'Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz, quando afferma che ascoltarlo suonare nei suoi ultimi anni di vita era un esperienza incredibile: «Non era nemmeno più suonare, il suono del suo clarinetto era l'anima che parlava». L'anima che parlava, bisogna prendere questa espressione al di fuori di ogni metafora. Bisogna credere nella musica come possibile luogo in cui l'anima si manifesta, si rende tangibile e chiara. Bisogna credere che siamo parte del grande spirito dell'universo, e che possediamo i mezzi per partecipare della profonda bellezza del Creato. 
     
     "La musica non è una competizione, la musica è un suono universale..."
    Così Tony Scott in una delle sue ultime interviste – e lui non aveva bisogno di competere con nessuno, era il migliore (ci teneva a ripeterlo), ma era disposto ad ammettere, e anzi desiderava, che ci fossero altri migliori, cioè altre identità piene e libere, creature cangianti e forze dell'espressione che tutto trasfigura e tutto unifica. La libertà nella purezza porta all'eccellenza, lui ne è la prova vivente. 
    "Con la musica cerco la mia anima, [...] non m’interessa cosa fanno gli altri. [...] Oggi faccio una musica per curare l'anima ferita, una musica per curare me e allora mi chiedo: Se cura me, perché non può curare gli altri?. Io amo l'universo, prima non credevo in Dio, ora credo. [...] Prima di morire voglio fare una musica che poi la gente dica: Quella musica mi ha aiutato. Cerco di essere più buono, è difficile essere più buoni, cerco di fare una musica per curare".
   Parole magnifiche, dalla stessa intervista. Parole che riassumono un modo di essere nella vita sempre troppo raro, lontano, che in verità è importante quanto il respirare.

     Nella vita e nella musica di Tony Scott c’è qualcosa di imprendibile. Un clarinettista giapponese (nel ’64, all'epoca di Music for Zen Meditation), interrogato sullo stile del jazzista italoamericano, disse che era buono ma aveva il difetto di essere «troppo difficile da copiare», ed è così: la vera autonomia, la vera personalità portano nell’arte a questi piccoli disagi. La sua tecnica infatti è assolutamente unica: lo stile si forma nel solco del bop e del suo profeta Charlie Parker, ma questo portato viene da Scott fin da subito elaborato in modo estremamente singolare, senza mai peraltro smettere di svilupparsi e arricchirsi dei contributi linguistici più disparati. La sua musica era continuamente in evoluzione. Scott aveva la capacità di assorbire ogni influenza musicale, ma non copiava, non era un imitatore, bensì viveva le musiche. Per quanto concerne il suo modo di vivere il bop, si ascolti con quale sorprendente freschezza improvvisa in Five (brano contenuto nel disco A day in New York del ’54) – basata sull’abusatissimo “giro armonico” di I Got Rhythm (lo standard per eccellenza del jazz di quel periodo) – oppure si senta l'incredibile Music for Zen Meditation, album di libera improvvisazione collettiva per tre strumenti basata sullo stile della musica classica giapponese. 

    Un altro aspetto della sua personalissima tecnica è il suono: grosso, capace di arrivare a un volume pazzescamente alto, un volume che metterebbe in imbarazzo qualsiasi altro clarinettista (si noti, nel film di Maresco, l'imbarazzo di Buddy De Franco sul palco di fianco a Tony), e con un timbro pieno ed espressivo, vocale. Un suono che però sa essere confidenziale quando decide di stare su dinamiche meno squillanti: il clarinetto si mette allora a parlare in modo misterioso e stranamente accogliente, diventa gentile, ma non si confonda questa gentilezza con quella artificiosa (“di maniera”) di un Benny Goodmann o un Buddy De Franco, la gentilezza di Scott è sempre intrisa di tragedia, è profondamente nera, è in fondo la stessa cordialità dolente e sincera di Sidney Bechet. E poi l'estensione impossibile: sul clarinetto Scott era in grado di suonare con grandiosa agilità quasi cinque ottave complete, il che significa andare follemente in alto (l'ordinaria estensione dello strumento sarebbe di tre ottave e mezzo)… Si aggiunga che, oltre a essere stato il più grande virtuoso di clarinetto jazz del suo tempo, suonava con enorme calore ed espressività l'intera gamma dei sassofoni e il flauto.

    Già l’incredibile tecnica musicale di Scott lo rende imprendibile, come dicevo, straniante: un enigma. Ma ancora più enigmatica è stata la sua vita. Una vita fuori da qualunque logica di obbedienza o conformismo: «L'ultimo dinosauro di una specie estinta», così lo ha definito un critico americano. Ha vissuto da pazzo, Scott, e ai veri pazzi nulla è più caro della propria stessa pazzia. È stato fedele a se stesso e alla propria libertà a un livello che può apparire sconcertante. Per un periodo, negli anni ’80, il più grande clarinettista del mondo ha vissuto da clochard a Milano, dormendo sui navigli e suonando per i ratti – doveva aver capito che la meravigliosa sensibilità musicale di questi stupendi animali era molto al di là di quella dei milanesi. Ed è proprio della vita in Italia di Scott che si occupa l'opera di Maresco, un film che và a costituire il più sentito omaggio cinematografico che un jazzista abbia mai avuto e insieme il più bel film su jazz che si sia mai osato fare. 

    Anche Maresco è una specie di dinosauro, è un sopravvissuto in un tempo che non è il suo, un ostinato relitto umano nell'epoca della cibernetica integrale. Ha creato un film indignato e fatto per indignare. Diceva Pasolini che l'indignazione è prerogativa degli artisti e figlia dell'amore. Per vivere è necessario amare, è giusto quindi indignarsi quando ciò che si ama viene massacrato dalla rozzezza, dallo schifo che anela solo ad altro schifo. Io voglio che ci s’indigni davanti alla violenza che il film di Maresco mostra: Tony Scott umiliato in pubblico dall’osceno Paolo Bonolis; deriso da gente orgogliosa e ignorante; misconosciuto da musicisti stupidi e arrivisti.
    Voglio che ci s’indigni e che si impari a riconoscere cos’è un artista. Che si riconosca subito, “a colpo d'occhio”, lo scarto che c’è fra Tony Scott e i marchettari che vanno a costituire il gruppo di jazz “resident” di Bonolis. Che pagliacci costoro, che replicanti, che mediocri giullari!
    
    Sarebbe necessario che il film sul più grande clarinettista del jazz arrivasse a scalfire un po’ le anime morte di chi (e sono i più) si sono resi incapaci di riconoscere il divino nelle sue manifestazioni, impassibili davanti a qualunque forma di bellezza reale. Dico ciò perché queste anime putrescenti vedranno nel film le conseguenze della loro stessa rozzezza, vedranno come la loro schifosa vanità li porti a torturare con tutti i mezzi possibili ciò che è bellezza, incanto, sacralità; vedranno il loro sangue infetto portatore di pesti silenti e mortali; vedranno come questa loro energia pestifera abbia umiliato, degradato, deriso e canzonato uno dei più grandi artisti del ’900, e credo che per umiliare un artista ci voglia davvero una profonda cattiveria.
    
    Non c’è prezzo che possa riscattare il sangue di un artista, e la storia del jazz è pieno di sangue colato. Tony Scott è un torturato dentro una storia di torturati. La storia delle vite del jazz è storia di rapporti fra artisti sublimi e violenti depravati, di incontri tra farfalle e serpenti. È storia d’incantevolezza dentro le macerie, di ostinazione alla purezza fra oscuri giardini di guerra. Sangue colante giù dalle finestre dei bordelli in New Orleans, sangue colante dai colossi di cemento a New York, giù giù fino ai marciapiedi e all'asfalto grigio e bruciante, sangue colante sulla Senna e sul Tevere, sangue colante leccato dai ratti sotto ponti straripanti immondizia. 
    Abbiamo un film prezioso, che dell’isolamento e del dolore di un artista ha il coraggio di offrire una visione non edulcorata, abbiamo la musica che non smette di suonare, lo spirito che pulsa ancora sopra l’abbondante sangue che cola. Da questo sangue si parta per provare a comprendere l'enigma di Tony Scott, di Charlie Parker, di Thelonious Monk, di Billie Holiday, di Chet Baker...

    La musica è molto più di quello si pensa. La musica è più di qualunque pensiero. 


Raffaele Amenta

Bologna, 4 agosto 2011





Paris, Galerie Hus, 4/10/12








 
Con Domenico Brancale:
"Un Sempre cominciamento", Galerie Hus, Paris, 
4 ottobre 2012.
    

Foto di Thierry Bordas.



Paris, Monmartre: 4/10/12.

 Con Victoria Xardel,  Domenico Brancale, Aurelio Donato Giordano, per  Un sempre cominciamento

sabato 22 settembre 2012

la langue de l’enclume



4 octobre à 20h – Domenico Brancale lit “Un sempre cominciamento” (ou la langue de l’enclume)


À l’occasion de la parution du volume Cette extrémité de Domenico Brancale, la galerie Hus accueille une performance du poète accompagné de Raffaele Amenta et Aurelio Donato Giordano, ainsi que d’oeuvres de Hervé Bordas.

Après l’argile, la pierre et la croix, Domenico Brancale choisit l’enclume pour la lecture Un sempre cominciamento. L’enclume et son battement, contrepoint de la voix. Non une mélodie, non un mot, à peine murmure, moins que le silence, toujours commencement, prélude de ce qui ne sera jamais sinon dans notre représentation, à peine une voix – blessure toujours ouverte. Chaque battement passé devenant écho. Lecture où l’écoute peut en finir avec la compréhension, laissant l’espace à l’inconscient, qui nous fait pierre, qui nous fait vent, qui nous fait lumière, qui nous fait vide.







Domenico Brancale poète et performer, né en Lucanie, dans le sud de l’Italie, a publié Cani e porci (2001) ; Canti affilati (2003) et Frantoi di luce (2006) avec des encres de Hervé Bordas ; L’ossario del sole (2007) ; et Ghiacciature avec CTL-Presse (2011). Il a traduit Cioran, Michaux, John Giorno, Claude Royet-Journoud, Victoria Xardel. Parmi ses performances les plus importantes, on peut citer : John Giorno et Domenico Brancale (Bari, 2006) ; Frantoi di luce nera avec le metteur en scène Michele Schiavino (Salerne, 2006) ; Nessun sole sorge senza l’uomo – suoni per una voce a corda avec les musiciens I Fratelli Mancuso (Sant’Arcangelo, 2007) ; Cataletto per Aristakisyan avec le metteur en scène Artur Aristakisyan (Potenza, 2008), Questa deposizione rischiara la tua assenza (Fano/Bologne, 2009).

Raffaele Amenta clarinettiste, saxophoniste, compositeur, improvisateur, diplômé du DAMS de Bologne, il travaille dans les domaines des musiques populaires, du jazz, de l’improvisation radicale. Il a composé et joué pour des pièces de théâtre et des films : Fare l’anima (2008), Le Corbusier in Calabria (2009), Memoriale (2009). Il anime un quatuor de musique improvisée (Human Being) et plusieurs ensembles qui élaborent leur propre poétique musicale à partir du répertoire des traditions musicales européennes (Au bout de la nuit, À bout de souffle, Fanfara Porto).
Discographie : Ozhidanie (2010), Wo bist du, licht? (2010), Human being (2009), Memoriale e danze per gli smarriti (2010), 4 Monk and more (2008).

Aurelio Donato Giordano poète et philosophe, habite dans le profond sud. Il a publié le livre de poèmes Approssimazione.

Hervé Bordas né à Paris en 1952. Il se consacre à la guitare classique, à la photographie et à la « peinture ». Exposition « Physiogrammes », galerie Le Dessin à Paris (1980), avec un texte d’Alain Jouffroy. Expositions à Paris, galerie Veteau (1982) et galerie Arenthon (2003), à Fribourg, galerie Limmer (1981 et 1987), à Münster, galerie Hachmeister (1982 et 1986), à Matera, galerie Opere Arti e arte (2003), à Salerne, espace Vetrina del fare (2006). Il s’installe définitivement à Venise en 1990 pour y ouvrir la galerie Prova d’Artista, dédiée à l’estampe moderne et contemporaine. Il participe à diverses revues et publications (Alea, A’ Camasce). Il publie Per Modo di Vestigio (1983), avec Jean-Christophe Bailly ; Canti affilati (2003) et Frantoi di Luce (2006), avec Domenico Brancale ; et Portraits de Famille (2011).

L’ouvrage, traduit par Victoria Xardel, est édité “à la Pension Victoria” (Corbières, 2012). On présentera à cette occasion l’ensemble des textes édités par la Pension Victoria

Galerie Hus


4, rue Aristide Bruant 75018 - Métro Abbesses ou Blanche


(ouvert du mardi au samedi de 11h à 19h et le dimanche sur rdv)



Tél. : (+33) 01.40.18.03.70

Sophie Renaut : (+33) 06.99.85.45.70

Tristan Cormier : (+33) 06.07.78.72.31





sabato 16 giugno 2012

Articolo su IL QUOTIDIANO, 12 giugno 2012

"Solidao"


Solidao" suonata da A' BOUT DE SOUFFLE,
durante il concerto tenutosi alla "Barberia" di Bologna, il 9 giugno 2012.

Raffaele Amenta - clarinetto
Vladimiro Cantaluppi - violino
Flore Thoreau La Salle - violoncello





domenica 10 giugno 2012

Un sempre cominciamento




Stella d’Italia
Un cammino a piedi per ricucire l’Italia con i nostri passi

mercoledì 13 giugno 2012
ore 21.30
Piazza Pascoli, Matera

D.B.
UN SEMPRE COMINCIAMENTO
ovvero
la lingua dell'incudine

con
Domenico Brancale
incudine del suono: Raffaele Amenta - Clarinetto



Sono stanco della libertà
di questa illusione che fermenta 
da anni nel mio sangue

voglio la gabbia dell'altro 
guardare da dietro le sue costole
lasciare la mia fortezza
entrare dentro la luce
uscire nel buio

questo il cammino di una piuma

___

Città finite
per essere i miei paesi
tumuli di terra
che mi hanno visto nascere
come quel filo d’erba
che non si arrende al muro di catrame
                           
e lo trafigge

città presto tornerò 
a mangiare terra

___

Stella d’Italia è un grande spostamento a piedi, di menti e di corpi, che è partito da diverse zone geografiche del nostro Paese: dal nord, dal centro e dal sud, con percorsi che assumono la forma dei bracci di una stella e che convergeranno su L’Aquila il prossimo 5 luglio. Città che, oltre a trovarsi in una posizione centrale nel nostro Paese, rappresenta anche il nostro bisogno e desiderio di ricostruzione.
L’idea è dello scrittore Antonio Moresco e l’obiettivo è quello di “far vivere tutta la forza antica e nuova del nostro Paese per una ricostruzione della nostra vita su basi nuove”.
Dall’11 maggio i camminatori iscritti e quelli che lo stanno facendo ora attraverseranno molti comuni grandi e piccoli e cercheranno, in dialogo con Associazioni e Amministrazioni locali sensibili a questo bisogno di rigenerazione, di far vivere -anche attraverso incontri pubblici alla fine di molte tappe- tutta la forza antica e nuova del tessuto comunale del nostro Paese.
Il cammino, patrocinato anche dall’ANCI, e gode di un doppio riconoscimento del Presidente della Repubblica: una medaglia e un’edizione speciale del Tricolore.
La manifestazione ha trovato l’immediato sostegno organizzativo del Comune di Matera e, in particolare, del Comitato Matera 2019.





martedì 5 giugno 2012

Fanfara Porto a Bolobazza live

In questo video due brani suonati in diretta negli studi di Radio Città Fujiko il 25 marzo scorso. All'interno della trasmissione pomeridiana Bolobazza live la Fanfara Porto ha presentato la propria musica e i progetti per l'estate del Collettivo van Gogh. Con me al clarinetto suonano David Sarnelli alla fisarmonica e Vladimiro Cantaluppi al violino

lunedì 28 maggio 2012

Fanfara Porto a "Made in (ex) Ghetto"



"Tanz Tanz", suonata dalla Fanfara Porto al Festival "Made in (ex) Ghetto", Bologna, 19 maggio 2012.




Raffaele Amenta - Clarinetto
Vladimiro Cantaluppi - Violino
David Sarnelli - Fisarmonica